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Pollina: rifiuto o sottoprodotto?

Ing. A.G. Rosa – Adelia srl

 

La definizione di “pollina” che possiamo leggere su Wikipedia è:

la pollina è un concime organico ottenuto dal riciclaggio per trattamento industriale delle deiezioni degli allevamenti avicoli. Per le sue caratteristiche chimiche, funzionalmente si colloca in una posizione intermedia fra i fertilizzanti organici e i concimi chimici.

Più in generale questo prodotto può essere definito come “stallatico” e cioè:  escrementi e/o urina di animali di allevamento diversi dai pesci d’allevamento, con o senza lettiera (Reg. CE 1069/2009 – Art.3 Par.20)).

Ma la pollina è un rifiuto o un sottoprodotto?

La norma attribuisce la qualifica di sottoprodotto, con riferimento all’origine, alla formazione ed alla destinazione del seguente materiale:

  1. prodotto derivante dall’attività dell’impresa”;
  2. prodotto “in via continuativa dal processo industriale” (nel senso di una necessità propria di un determinato processo produttivo adottato in concreto dall’imprenditore, il quale genera il prodotto tipico di quella specifica lavorazione e contestualmente il sottoprodotto);
  3. destinato ad un ulteriore impiego o al consumo

Il residuo produttivo andrà qualificato come sottoprodotto in quanto:

  • l’impresa non si disfi di esso (cioè non lo tratti come rifiuto);
  • lo impieghi direttamente presso l’impresa che lo produce;
  • o, in alternativa, lo commercializzi a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego;
  • non necessiti di trasformazioni preliminari, da intendersi come “operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già possiede e che renda necessaria per il successivo impiego in un processo produttivo o per il consumo” (onere probatorio sull’impiego del sottoprodotto);
  • l’utilizzazione deve essere certa e non eventuale;
  • l’utilizzo non deve comportare condizioni peggiorative (rispetto a quelle delle normali attività produttive) per l’ambiente e per la salute;
  • Deve essere conforme agli standard merceologici, nonché alle norme tecniche di sicurezza e di settore.

Per quanto riguarda l’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ovvero in un altro processo produttivo svolto da una distinta impresa, ubicata in un territorio differente da quello dell’azienda di origine (nazionale, comunitario o fuori dei confini dell’UE) è necessaria un’attestazione del produttore e dell’utilizzatore.

E’ bene chiarire, tuttavia, che in base al comma 4 dell’art. 8 del DM 264/2016:

La responsabilità del produttore in relazione alla gestione del sottoprodotto è limitata alle fasi precedenti alla consegna dello stesso all’utilizzatore o a un intermediario

E’ quindi fondamentale definire anche se il trasporto è a cura di chi vende (produttore) o di chi acquista (utilizzatore), perché in questo caso si aggiungono anche le responsabilità relative alle modalità in sicurezza durante le fasi di movimentazione e trasporto.

Da tutti questi riferimenti normativi emergono le seguenti considerazioni:

  • La pollina, per essere utilizzata, subisce un trattamento di essiccazione. Questo ha rappresentato un primo dubbio sulla sua classificazione di sottoprodotto in quanto lo stesso d.lg. n4/2008 ne rimarcava il divieto di sottoporli a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari finalizzati all’ottenimento di determinate caratteristiche. Tuttavia, con sentenza 1230/2013 il CdS ha stabilito che:

la pre-essiccazione della pollina mediante ventilazione forzata è un trattamento che non eccede la normale pratica industriale, e che quindi tale prassi rende possibile l’applicazione dell’articolo 184-bis del DLgs 152/06 e s.m.i. consentendo l’attribuzione della qualifica di sottoprodotto a tale materiale.

A chiudere la questione è poi intervenuto il DM 264/2016 che ha ufficialmente classificato la pollina come biomassa e quindi come sottoprodotto; nella sezione 2 dell’Allegato 1 allo stesso DM 264/16, oltretutto, si indica, fra le operazioni che costituiscono normali pratiche industriali, anche quella di essiccazione, recependo in pieno le precedenti normative e sentenze.

 

L’utilizzo come concime, però, pone l’attenzione su tre aspetti non trascurabili:

  • L’utilizzazione deve essere certa e non eventuale: in questo caso se la pollina è inviata ad un’azienda produttrice di concimi, è sufficiente una dichiarazione da parte dell’acquirente che il prodotto è utilizzato nel proprio ciclo produttivo come “tal quale”. Nel caso di utilizzo come biomassa per produzione di energia, vale, ovviamente lo stesso concetto e la stessa procedura dichiarativa. Il riferimento ad una autorizzazione all’espletamento dell’attività è sicuramente un dato che conferisce certezza di utilizzo e destinazione.

 

Nel caso di acquisto da parte di proprietari terrieri o di aziende agricole, l’impiego della pollina deve garantire i seguenti due concetti:

  • L’utilizzo dei sottoprodotti non deve comportare condizioni peggiorative per l’ambiente e la salute e il loro impiego non deve dare luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto (o l’area) dove sono destinati ad essere utilizzati.
  • Il sottoprodotto deve essere conforme agli standard merceologici.

Nel primo caso (punto 2) deve essere certamente l’acquirente a certificare che l’impiego della pollina non peggiori le condizioni ambientali né vada contro limiti autorizzativi imposti da enti pubblici (es.: AUA, AIA, ecc). Nel caso di vendita ad aziende agricole o ad agricoltori, può quindi essere utile avere una copia del PUA, redatto da tecnico abilitato, e richiamare il documento nell’atto di vendita. E’ fondamentale che l’area su cui verrà distribuita la pollina non sia una ZVN, secondo il piano regionale.

Nel secondo caso (punto 3) sarebbe consigliabile che il venditore di pollina, attraverso analisi almeno annuali, possa certificare che il sottoprodotto rientri negli standard merceologici cui è destinato.

Queste due procedure (punto a per l’acquirente e punto b per il produttore del sottoprodotto) potrebbero assolvere all’onere probatorio dell’impiego presso terzi, ed alla necessità dell’attestazione del produttore controfirmata dall’utilizzatore.

Il comma 4, dell’art.5, del DM 264/2016, suggerisce, tra l’altro, che “costituisce  elemento  di  prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore  del residuo, eventuali intermediari e  gli  utilizzatori,  dai  quali  si evincano le informazioni relative alle caratteristiche  tecniche  dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle  condizioni della cessione che  devono  risultare  vantaggiose  e  assicurare  la produzione di una utilità economica o di altro tipo”. Quindi ogni forma contrattuale, integrata da documenti tecnici ed analitici, senza dubbio contribuisce a dimostrare che le condizioni richieste dai legislatori ai fini della classificazione come sottoprodotto, sono tutte rispettate dalla pollina.

Il DM 264/2016, in caso di assenza di documentazione tecnico-descrittiva, chiede di compilare una scheda tecnica (Allegato 2 del DM 264/2016) su cui sono previste tutte le informazioni per descrivere il sottoprodotto oggetto di cessione.

A questo punto ci viene incontro la normativa sui cosiddetti S.O.A. cioè i Sottoprodotti di Origine Animale e cioè:

  • Regolamento (CE) n° 1069/2009 – del Parlamento europeo e del consiglio – 21 ottobre 2009 – Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale ed ai prodotti derivati.
  • Regolamento (UE) n° 142/2011 – Disposizioni di applicazione del regolamento n° 1069/2009
  • Accordo Stato-Regioni – Linee Guida per l’applicazione del Regolamento (CE) 1069/2009
  • DLgs 142/2012 – Sistema Sanzionatorio (per contravvenzioni ai vari articoli del Regolamento CE 1069/2009)

In questi documenti i S.O.A. sono distinti in 3 categorie: la pollina (stallatico) è elencato fra i sottoprodotti di Categoria 2.

 

Il primo documento da consultare è quello delle Linee Guida. In esso ci sono continui riferimenti ai due regolamenti europei, ma anche al Regolamento (CE) 183/2005 (obbligo notifica se i SOA sono impiegati come materie prime per mangimi) ed al DM 7 aprile 2006 (art.20) che fornisce indicazioni sul trasporto dello stallatico.

Su questo documento, in particolare all’art.5 – parr. 12 e 13 si legge:

Il trasporto di stallatico compresi quindi gli effluenti di allevamento, così come definiti dal DM 07/04/2006, ai fini dell’utilizzazione agronomica, tra due punti situati presso la stessa azienda zootecnica o tra aziende e utilizzatori di stallatico all’interno del territorio nazionale, non è soggetto a registrazione ai sensi del Regolamento (CE) 1069/2009 e può essere effettuato senza documento commerciale o certificato sanitario (Reg. CE 1069/2009 – art.21 Par.2 comma 2). Il trasporto dovrà essere accompagnato dalla documentazione prevista dall’art.20 del DM 7 aprile 2006 atta a garantire il controllo sulla movimentazione di detti materiali.

Lo stallatico e gli effluenti di allevamento devono essere raccolti e trasportati utilizzando veicoli o contenitori idonei per evitare fuoriuscite di materiale in forma palabile, privata di liquidi di sgrondo.

Il modulo richiamato nell’art.20 del DM 7 aprile 2006 è sostanzialmente conforme anche al citato allegato 2 del DM 264/2016, perché contiene tutte le informazioni per identificare lo stallatico.

La registrazione delle quantità di pollina inviata come sottoprodotto non è quindi obbligatoria. Tuttavia, ad evitare qualunque forma di obiezione da parte di organi di controllo, ci sentiamo di suggerire un’archiviazione sistematica di tutti questi documenti di accompagno per poi renderli disponibili alle Autorità competenti durante le inevitabili e periodiche verifiche ispettive.

Per approfondimenti o consulenze, vi invitiamo a contattare i ns. uffici ai numeri indicati in questo sito.

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Le indicazioni regionali per il settore della ristorazione

Riprendiamo, a livello esemplificativo, il contenuto di alcune schede e partiamo dalla scheda relativa alla ristorazione (nel documento sono riportate anche alcune differenze che riguardano la sola Regione Campania).

Le indicazioni “si applicano per ogni tipo di esercizio di somministrazione di pasti e bevande, quali ristoranti, trattorie, pizzerie, self-service, bar, pub, pasticcerie, gelaterie, rosticcerie (anche se collocati nell’ambito delle attività ricettive, all’interno di stabilimenti balneari e nei centri commerciali), nonchè per l’attività di catering (in tal caso, se la somministrazione di alimenti avviene all’interno di una organizzazione aziendale terza, sarà necessario inoltre rispettare le misure di prevenzione disposte da tale organizzazione)”.

Ricordiamo che la mancata osservanza delle disposizioni comporta la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza e una sanzione che può variare da un minimo di 400 euro fino a un massimo di 3mila euro.

 

Queste le indicazioni:

  • “Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione, comprensibile anche per i clienti di altra nazionalità.
  • Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura > 37,5 °C.
  • È necessario rendere disponibili prodotti igienizzanti per i clienti e per il personale anche in più punti del locale, in particolare all’entrata e in prossimità dei servizi igienici, che dovranno essere puliti più volte al giorno.
  • Negli esercizi che dispongono di posti a sedere privilegiare l’accesso tramite prenotazione, mantenere l’elenco dei soggetti che hanno prenotato, per un periodo di 14 giorni. In tali attività non possono essere presenti all’interno del locale più clienti di quanti siano i posti a sedere.
  • Negli esercizi che non dispongono di posti a sedere, consentire l’ingresso ad un numero limitato di clienti per volta, in base alle caratteristiche dei singoli locali, in modo da assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra le sedute.
  • Laddove possibile, privilegiare l’utilizzo degli spazi esterni (giardini, terrazze, plateatici), sempre nel rispetto del distanziamento di almeno 1 metro.
  • I tavoli devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale di almeno 1 metro di separazione tra i clienti, ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale. Tale distanza può essere ridotta solo ricorrendo a barriere fisiche tra i diversi tavoli adeguate a prevenire il contagio tramite droplet.
  • La consumazione al banco è consentita solo se può essere assicurata la distanza interpersonale di almeno 1 metro tra i clienti, ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale.
  • La consumazione a buffet non è consentita.
  • Il personale di servizio a contatto con i clienti deve utilizzare la mascherina e deve procedere ad una frequente igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche (prima di ogni servizio al tavolo.
  • Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria.
  • La postazione dedicata alla cassa può essere dotata di barriere fisiche (es. schermi); in alternativa il personale deve indossare la mascherina e avere a disposizione gel igienizzante per le mani. In ogni caso, favorire modalità di pagamento elettroniche, possibilmente al tavolo.
  • I clienti dovranno indossare la mascherina tutte le volte che non si è seduti al tavolo.
  • Al termine di ogni servizio al tavolo andranno previste tutte le consuete misure di disinfezione delle superfici, evitando il più possibile utensili e contenitori riutilizzabili se non igienizzati (saliere, oliere, ecc). Per i menu favorire la consultazione online sul proprio cellulare, o predisporre menu in stampa plastificata, e quindi disinfettabile dopo l’uso, oppure cartacei a perdere”.

 

Le indicazioni regionali per il commercio al dettaglio

Veniamo infine alle indicazioni sul commercio al dettaglio (le linee guida riportano, a parte, anche specifiche indicazioni per mercati, fiere e mercatini degli hobbisti).

 

Queste le indicazioni che si applicano al settore del commercio al dettaglio:

  • “Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione.
  • In particolar modo per supermercati e centri commerciali, potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura > 37,5 °C.
  • Prevedere regole di accesso, in base alle caratteristiche dei singoli esercizi, in modo da evitare assembramenti e assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra i clienti.
  • Garantire un’ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per l’igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche, promuovendone l’utilizzo frequente da parte dei clienti e degli operatori.
  • In caso di vendita di abbigliamento: dovranno essere messi a disposizione della clientela guanti monouso da utilizzare obbligatoriamente per scegliere in autonomia, toccandola, la merce.
  • I clienti devono sempre indossare la mascherina, cosi come i lavoratori in tutte le occasioni di interazione con i clienti.
  • L’addetto alla vendita deve procedere ad una frequente igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche (prima e dopo ogni servizio reso al cliente).
  • Assicurare la pulizia e la disinfezione quotidiana delle aree comuni.
  • Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria.
  • La postazione dedicata alla cassa può essere dotata di barriere fisiche (es. schermi); in alternativa il personale deve indossare la mascherina e avere a disposizione gel igienizzante per le mani. In ogni caso, favorire modalità di pagamento elettroniche.

A titolo di esempio, pubblichiamo le linee guida della Regione Lazio:

REGIONE LAZIO

Rimangono al momento ancora chiuse le spiagge (si potrà solo passeggiare e fare attività sportiva individuale ma niente bagni, nè si potrà prendere il sole), i luoghi di aggregazione come cinema e teatri, e nei fatti anche palestre e piscine visto che almeno fino al 25 maggio anche nei centri sportivi si potranno fare solo attività individuali.

Le nuove regole, soprattutto per ristoranti e locali, per rispettare il distanziamento sociale ed evitare il contagio anche per centri estetici, barbieri, centri commerciali, negozi di abbigliamento sono state inserite nell’ordinanza

REGIONE LAZIO – Ordinanza del Presidente N. del Proposta n. 7734 del 16/05/2020 – Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Riavvio di attività economiche, produttive e sociali a decorrere dal 18 maggio 2020. Ordinanza ai sensi dell’articolo 32, comma 3 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica. (PDF)

 

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Bar e ristoranti

Per quanto riguarda bar ristoranti, sarà raccomandato l’utilizzo degli spazi esterni, quando presenti. La capienza dei locali sarà limitata, con uno spazio di quattro metri quadrati per ciascun cliente e due metri tra un tavolo e l’altro. Se siedono allo stesso tavolo e ci sono i separatori in vetro o plexiglass, la distanza tra cliente e cliente potrà essere ridotta anche a un metro e mezzo. Potrebbe essere inoltre obbligatoria la prenotazione, così come l’utilizzo della mascherina per i clienti prima e dopo i pasti. Mascherina chirurgica che, invece, dovrà sempre essere indossata da tutti i dipendenti, sia quelli addetti al servizio ai tavoli sia quelli che lavorano in cucina. Gli esercenti dovranno inoltre mettere a disposizione prodotti igienizzanti all’interno dei locali. Vietati, infine, i buffet.

Parrucchieri, estetisti e negozi

Per i negozi di dimensioni al di sotto dei 25 metri quadrati dovrebbe essere permesso l’ingresso soltanto ad un cliente per volta. Se la porta del negozio è unica, spetterà al titolare evitare che i clienti si incrocino, mentre nel caso in cui ne siano presenti due, una verrà destinata all’ingresso e l’altra all’uscita. Inoltre, nei negozi di abbigliamento, sarò obbligatorio indossare mascherina e guanti per chi prova un nuovo abito. La sanificazione dei negozi dovrà avvenire ogni giorno.

Anche per i parrucchieri e gli estetisti, oltre a tutti i dispositivi di sicurezza previsti (mascherine, guanti, visiere) sarà valida la regola di un solo cliente alla volta: la prenotazione del servizio sarà obbligatoria e gli strumenti di lavoro dovranno essere sempre sanificati. Dipendenti e clienti, inoltre, dovranno obbligatoriamente indossare guanti e mascherine.

Stabilimenti Balneari

Stabilimenti aperti con entrata su prenotazione, ombrelloni distanziati di almeno cinque metri, piscine chiuse e igienizzazione dei lettini se si danno a un nuovo utente. “Per consentire un accesso contingentato agli stabilimenti balneari e alle spiagge attrezzate viene suggerita la prenotazione obbligatoria, anche per fasce orarie. Si raccomanda di favorire l’utilizzo di sistemi di pagamento veloci con carte contactless o attraverso portali/app web. Vanno differenziati, ove possibile, i percorsi di entrata e uscita, prevedendo una segnaletica chiara. Per garantire il corretto distanziamento sociale in spiaggia – prosegue – la distanza minima consigliata tra le file degli ombrelloni è pari a cinque metri e quella tra gli ombrelloni della stessa fila a quattro metri e mezzo. È opportuno anche privilegiare l’assegnazione dello stesso ombrellone ai medesimi occupanti che soggiornano per più giorni. In ogni caso è necessaria l’igienizzazione delle superfici prima dell’assegnazione della stessa attrezzatura a un altro utente, anche nel corso della stessa giornata. È da evitare, inoltre, la pratica di attività ludico-sportive che possono dar luogo ad assembramenti e giochi di gruppo e, per lo stesso motivo, deve essere inibito l’utilizzo di piscine eventualmente presenti all’interno dello stabilimento”.

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Riportiamo alcune indicazioni relative alla pulizia, decontaminazione e aerazione degli ambienti di lavoro.

Prima della ripresa delle attività, è necessario garantire, secondo le specifiche raccomandazioni emanate dal Ministero della Salute (Lettera circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020), “una completa pulizia di ogni ambiente di lavoro e locale accessorio rimasto chiuso nella fase di lockdown, e disporne una adeguata pulizia periodica durante la ripresa dell’attività, associata, per gli ambienti dove abbiano eventualmente soggiornato casi di COVID-19, a decontaminazione”.

La pulizia “può essere effettuata con ordinari detergenti e acqua oppure con le soluzioni idroalcoliche; la decontaminazione invece consiste in una detersione più approfondita, che segue l’ordinaria pulizia, e prevede l’utilizzo di ipoclorito di sodio 0,1% o, per le superfici che possono essere danneggiate dall’ipoclorito di sodio, di etanolo al 70% dopo pulizia con un detergente neutro”. Durante le operazioni di pulizia con prodotti chimici è bene “assicurare la ventilazione degli ambienti”.

Tutte le operazioni di pulizia “devono essere condotte da personale provvisto di DPI (filtrante respiratorio FFP2 o FFP3, protezione facciale, guanti monouso, camice monouso impermeabile a maniche lunghe) e seguire le misure indicate per la rimozione in sicurezza dei DPI. Dopo l’uso, i DPI monouso vanno smaltiti come materiale potenzialmente infetto”.

Dovranno poi essere considerati con particolare attenzione, se presenti, “i locali accessori (es. spazi per la ristorazione, servizi igienici, spogliatoi, infermerie) e le superfici e postazioni di lavoro più facilmente toccate da lavoratori e utenti esterni, nonché gli ambienti e gli strumenti utilizzati in ogni contesto in cui la prestazione lavorativa richieda un contatto ravvicinato e prolungato (es. servizi alla persona)”.

Sarà data particolare cura, infine, alla pulizia della singola postazione di lavoro “da effettuare all’inizio e alla fine di ogni turno di lavoro, focalizzata soprattutto sulle superfici e sulle strumentazioni usate in comune”. Mentre per la pulizia di ambienti non frequentati da casi di COVID-19 “è sufficiente procedere alle pulizie ordinarie degli ambienti con i comuni detergenti, avendo cura di pulire con particolare attenzione tutte le superfici toccate di frequente (es. muri, porte, finestre, superfici dei servizi igienici)”.

Si segnala infine che deve essere garantita una adeguata aerazione nel corso della giornata, con ricambio di aria in tutti gli ambienti, fatte salve eventuali situazioni di incompatibilità con specifici processi di lavoro. Con particolare riferimento a uffici e luoghi pubblici, gli impianti di ventilazione meccanica controllata devono essere tenuti accesi e in buono stato di funzionamento, ma deve essere eliminato totalmente il ricircolo nell’aria.

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La definizione delle diverse attività anche secondo la normativa vigente (DM 7 luglio 1997, n. 274 “Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82)

  • La pulizia consiste nella rimozione di polvere, residui, sporcizia dalle superfici, è realizzata con detergenti e mezzi meccanici e rimuove anche parte di contaminanti patogeni
  • La igienizzazione consiste nella pulizia a fondo con sostanze in grado di rimuovere o ridurre gli agenti patogeni su oggetti e superfici. Le sostanze igienizzanti (es. ipoclorito di sodio o candeggina) sono attive nei confronti degli agenti patogeni, ma non sono considerate disinfettanti in quanto non autorizzati dal Ministero della Salute come presidi medico chirurgici.
  • La disinfezione è il procedimento che con l’utilizzo di sostanze disinfettanti riduce la presenza di agenti patogeni, distruggendone o inattivandone in una quota rilevante ma non assoluta (si parlerebbe in tal caso di sterilizzazione).
  • La sanificazione è l’intervento globalmente necessario per rendere sano un ambiente, che comprende le fasi di pulizia, igienizzazione e/o disinfezione, e di miglioramento delle condizioni ambientali (microclima: temperatura, l’umidità e ventilazione).

Il termine sanificazione quindi comprende le attività di pulizia ordinaria con acqua e detergente alla quale segue un trattamento di decontaminazione (igienizzazione e/o disinfezione). La sanificazione può essere necessaria per decontaminare interi ambienti, richiedendo quindi attrezzature specifiche per la diffusione dei principi attivi e competenze professionali, oppure aree o superfici circoscritte, dove gli interventi sono alla portata anche di soggetti non professionali. La sanificazione interviene riducendo o abbattendo i microrganismi patogeni nell’immediato, ma la sua efficacia non dura nel tempo. Sono importanti gli interventi di pulizia e igienizzazione frequenti, anche se più circoscritti alle superfici di più frequente contatto.

L’emergenza nazionale da Covid-19 ha reso queste attività, obbligatorie per la ripresa di qualunque attività produttiva, di svago o di aggregazione sociale. E’ quindi indispensabile l’impiego di prodotti professionali che consentano di garantire il regolare e tranquillo afflusso del personale, negli ambienti di lavoro, dei clienti, nelle attività commerciali, ma anche di persone che si aggreghino per attività ludiche o religiose.

Proprio perché fornitrice di prodotti professionali, l’Adelia srl rappresenta un sicuro riferimento per ogni esigenza di pulizia, igienizzazione o, di sanificazione in genere.

depuratore
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Manutezione Depuratori

Gli impianti di depurazione, siano essi piccoli o grandi sono macchine che permettono di trattare svariati tipi di acque reflue, restituendole pulite e rispettose per l’ambiente. Questo permette di garantire un mondo più pulito grazie ad acque riciclate e depurate e come tutte le macchine una volta installate ed  opportunamente tarate per funzionare al meglio. Come un motore, e come qualsiasi macchina, per garantire le prestazioni nel tempo bisogna effettuare una manutenzione rispettosa e scrupolosa con le tempistiche e gli aspetti forniti dal costruttore dell’impianto di depurazione.

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